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Il verso libero è come una porta che si apre verso l'infinito. Lo paragono a quel vagabondo che si sposta da un luogo all'altro, cammina per le montagne e, immerso nella loro vegetazione, si profuma di clorofilla e calpesta a piedi nudi le foglie cadute, per non ferirle, inumidito di rugiada, estasiato mentre guarda la cascata del fiume. Il vagabondo continua la sua marcia fino a raggiungere la riva di una spiaggia vicina, dove contempla il mare, le cui onde vanno e vengono come lui, senza mai fermarsi. Quel vagabondo non pensa all'effimero della vita. La vive semplicemente, senza tetto, ma con la gioia sublime di vedere il sole sorgere giorno dopo giorno o di potersi avvolgere nel chiaro di luna e contare le stelle. Non potrebbe essere altrimenti.
I miei versi ed io amiamo la Libertà, è la nostra più grande fonte di ispirazione. Senza di essa, il vagabondo ed io avremmo pianto sul ciglio di qualsiasi strada, finché la morte non ci avesse accolti. Senza Libertà, non c'è più nulla da dire, il silenzio si impossessa della mia gola che ha un leggero sapore di semerucos (*) di Paraguaná, la terra dei miei antenati, quella con il collo eretto ad ovest del Venezuela, esibendo l'orgoglio di un venerato gentilizio, che, in questi momenti, compone una diaspora mai vista prima. In effetti, una dittatura crudele ci fa correre di città in città, di paese in paese, cercando di essere liberi; solo Dio sa quanti chilometri abbiamo percorso con l'incertezza di non sapere quale sarà il nostro destino. Siamo come il vagabondo che descrivo all'inizio del mio testo, ma c'è una differenza, lui è libero, ma io e la mia giugulare siamo minacciati, in fuga dall'oppressione, e con una domanda nell'anima: saremo mai di nuovo liberi, come individui e come popolo? Il vagabondo a cui mi riferisco sarà in ognuno dei versi che scrivo di seguito, percosso, addolorato, ma fermo nella sua convinzione di combattere, senza lussi, essendo per lui una gioia spogliarsi di abiti lussuosi, restando vestito solamente della sua pelle purpurea, a causa di tanti colpi, di tante cicatrici che già diventano la sua unica valigia, quella che mostra come una bandiera vitale, che sventola tra nuvole e brezza. Come il vagabondo, ho scelto il colore porpora, perché è quello che identifica quelle istituzioni che lottano in difesa delle donne, di fronte alla violenza della società che spesso nega loro i diritti e le ignora quando protestano e denunciano; Il porpora è il colore che si avvicina alla dignità umana, che fiorisce ogni volta che siamo in grado di piantare semi di coraggio perché esplodano sottoterra, fioriscano e portino frutti in tutte le parti del mondo. Il porpora è, allo stesso tempo, il colore dei lividi, segni significativi che, sebbene possano essere cancellati dalla pelle, non si cancellano mai dall'anima e rimangono lì come uno strappo silenzioso che può durare fino all'eternità. La Poesia si è consumata in me, la sento, la respiro, sarà sempre dentro, come una rosa, come una spina, come una risata, come una lacrima, come l'alba o come il buio eterno, quando arriverà il momento del mio viaggio nello spazio albiceleste dell'infinito.
© 2025 Tektime (E-bog): 9788835478867
Oversættere: Paola Ligabue
Release date
E-bog: 11. juli 2025
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